Quando cinque anni fa gli hanno dato quattro mesi di vita, Leonardo ha preso una decisione: «Non se ne parla neanche, ho troppi sogni in corso, troppe cose da fare». Ha chiesto scusa alla mamma perché si era ammalato di un male inguaribile, ha festeggiato il capodanno a novembre per portarsi avanti, si è tirato su le maniche della tuta e si è dato da fare per rendere il tempo che gli restava il migliore possibile. Da buon maratoneta, ha detto al suo cancro «io continuo a camminare, vedi un po' se riesci a starmi dietro». E il suo "ospite", così lo chiama lui, ha dovuto rassegnarsi e seguirlo fino a New York, correndo con lui ben due maratone. Quest'anno ha battuto il suo record concludendo il percorso in 4 ore e 6 minuti e dedicando l'impresa a tutti i malati di cancro. Da vero imprenditore di se stesso, ha pensato di costruirsi una nuova vita dal momento che quella di prima faceva acqua da tutte le parti. Da matto autentico, sta muovendo mari e monti per rendere la vita dei malati di cancro una vita di buona qualità e non un'esistenza che susciti compassione. Tutto in queste pagine è una testimonianza che Leonardo lascia per farci comprendere il suo punto di vista: malato di cancro non vuol dire arreso, credere non significa illudersi, essere consapevole non vuol dire consegnarsi all'ospite il giorno della diagnosi. E ogni segno che Leonardo traccia, si compone in un disegno sorprendente, dove il cancro diventa una presenza con cui contrattare lo spazio vitale, un suggeritore di nuove soluzioni, un'occasione per camminare verso nuove scelte, nuovi equilibri.

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