#quellocheresta, tra DNF e braccia al cielo. La Lut e quello sporco lavoro che qualcuno vuole pur fare

Accade sempre così.

Che mi perda. Anzi…che mi ci perda. Nelle storie di corsa.

Già! Mi sono perso, smarrito…nelle varie storie in cui ho avuto la fortuna di imbattermi scorrendo i vari social, da Strava a Facebook…molto di più Instagram. Ma anche, per chi ha saputo far fare un salto in un video alle esperienze e ai suoi racconti, You Tube.

Ultra…fucine di storie

La Lut (Lavaredo Ultra Trail) è stata ancora una volta, ma forse più di ogni volta, “fucina” di racconti: luogo dove le storie di “una parte importante di noi” si fossero lertteralmente forgiate. Create col cuore e con la fatica, “infornate” nell’animo, rese -come dire?- solide: inscalfibili e indimenticabili per noi, ma anche per chi è passato nei pressi di quella “fucina” e ne ha raccolto “l’essenza”, attraverso la forma che ciascuno ha voluto e saputo darvi.

La Lavaredo Ultra Trail si tiene pressoché in contemporanea con l’altra gara, la Pistoia-Abetone, che dal 18 luglio 1976 ha contribuito a fare la storia delle “ultra” italiane e mondiali. E la combinazione delle due offre uno spaccato incredibile su cosa significhi la “corsa” per tantissimi di noi, sempre di più, in realtà.

Quanto “di noi” contengano certe gare…quanto di noi mettiamo in certe esperienze. Eppoi, nei racconti che, più che altro, ne susseguono.

Mai come questa volta mi sono trovato a “seguire” queste gare, in particolare la LUT, devo ammettere, dove la presenza di amici, compagni di squadra, conoscenti e atleti (anche “elite”) che col tempo mi sono trovato ad ammirare era incredibilmente corposa.

Sembra che…quest’anno…”ci fossero tutti“! Ed è stato bellissimo trepidare, con ciascuno…sulla linea di partenza in attesa di qualcosa che per tanti significava…”tantissimo”.

Tanti…alla loro prima voltà lì; tantissimi, alla loro “prima volta” a confrontarsi con una “ultra”.

Tutti, probabilmente, pronti a viversi, indipendentement da tutto, qualcosa che già sai sarà…indimenticabile. Comunque andrà.

Tanti di noi a seguire i nostri conoscenti e non da casa, sui nostri gruppi Wapp o tramite i vari social…

Sono sicuro che tanti di noi si sono trovati a “seguire” atleti, uomini e donne, PERSONE, che per qualche motivo, ci hanno colpito in qualche istante precedente lo start della loro gara. E allora li abbiamo “scelti” e attraverso lo schermo di un computer o di un telefonino, ammirati salire e scendere su delle linee che definivano montagne, distese, salite e discese; “sagome” stilizzate che, per ore e ore, ci hanno tenuti incollati allo schermo…con il loro “incedere lentissimo”, da sinistra a destra del monitor, con i “tempi cronometrici” che piano piano affollavano la time-table poco sotto…e noi a fare il tifo…sfegatato…

Dai Nicola!!!

Dai Massimiliano!!!

Dai Gabriele!!!

Dai Luciano!!!

Dai Roberto!!! e tanti altri…

Dai!!!…Un passo in più…un piccolo movimento in più che, su quel monitor, di movimento ne conteneva invece tantissimo…tra un aggiornamento e l’altro. E chissà quanta fatica, sudore ogni volta. Chissà…quanta meraviglia i paesaggi intorno, le scie di mille luci a costellare sentieri fantastici di notte…chissà…

Qualcuno scrive di avere problemi…qualcun altro è in crisi…

dai resisti che passa“: tutto passa. (Ti sentivi sussurrare tra te e te!)

Sulle chat di whattsapp è tutto un “fare il tifo”…sostenere

Sostenerci…

Già…perché penso anche a quanto sostegno ci offrano questi ragazzi che con la loro passione…il loro essere lì a provare a portare a termine “un sogno”..e magari IL SOGNO DELLA VITA, ci insegnano la passione…alimentino la nostra…ci regalino, a loro volta, sogni. Da mettere nel nostro cassetto e magari da realizzare, prima o poi.

Qualcuno si ferma.

Quella sagoma stilizzata la vedi restare lì per qualche minuto di troppo, magari anche un’ora…fino a che compare la scritta “withdrawn“. Provi un dispiacere…”sordo”. Un “dolore acuto” e speri che non sia troppo un “sogno infranto“, mentre hai paura anche solo a chiedere su wapp cosa possa essere successo…

E perché?

Che non è un qualcosa che abbia minimamente a che fare con la “curiosità” ma è qualcosa di più profondo. E’ una sorta di domanda retorica; un chiedere il motivo senza chiederlo; un “dimmi come si possa infrangere il sogno di qualcuno”…con il punto interrogativo accanto.

Ti trovi ad aspettare che quella sagoma si rifaccia “uomo” in carne ed ossa e dalla “base vita” magari torni alla partenza…dal suo traguardo personale di una gara “spezzatasi” inesorabilmente a metà…e provi a raccontare, con un messaggio, ciò che sarebbe dovuto essere e non è stato.

Quelli che…”Do not finish”

Delle persone che conosco, tanti sono stati i DNF, stavolta. 

Che -mammamia!- quanta STORIA contengono.

Forse, di tutto, sono ciò che resterà. Che mi resterà dentro, mentre mi chiedo cosa “lascino” certe esperienze “incompiute” (Ma, ancor più cosa lasceranno a loro che erano lì  e adesso si sentono “piegati”; “sconfitti”)

Al loro dolore, al carico di delusione e di amarezza che inevitabilmente, nell’immediato -nel presente- portano con sé e trasmettono, attraverso quei messaggi struggenti che via via si susseguono. (Non perché non ne abbia vissute di delusioni-della-passione e non sappia cosa significhino ma perché…ecco…quelle degli altri sembrano…più grandi. Non so come spiegare.)

Messsaggi “salati” come se sapessero di sudore. Ma teneri…che sanno di abbraccio…dell’abbraccio che vorresti dare a chi, ancora curvo sotto il peso di se stessi e di un corpo (o circostanze) che sembano abbiano voluto tradirti nel momento in cui proprio non avrebbero dovuto, sembra essere lì come “vinto” da qualsiasi cosa. Spezzato dall’amarezza, dalla delusione. E invece no.

Racconti accorati ma che appaiono come “valori” scritti sotto la doppia linea di un’operazione matematica stranissima, fatta di mille mila addendi, fattori, segni: variabili impazzite il cui risultato, “scontato” fino a qualche ora prima almeno nella “speranza”, si traduce in un “qualcosa” che non riesci a leggere perché chi ha provato a scriverlo, quel risultato, con i suoi piedi, con le sue gambe, con il suo cuore, sta ancora provando a cancellarlo, con delle righe orizzontali spessissime e ripetute a coprirne il valore.

Cancellature” con cui il presente cerca di impedire a ciò che è appena “non stato”, di propagarsi nel futuro. Ma non funziona così, per fortuna.

Per certi versi, pur con i dovuti e assoluti distinguo, certamente, certe esperienze sembrano contenere lo stesso dolore del parto. E per fortuna, allo stesso modo, quel dolore è destinato ad esaurirsi col tempo, a smorzarsi, a smussarsi…A trasformarlo, col tempo, in qualcosa che ha contenuto qualcosa di bello…”nonostante tutto”. 

Dimenticando quella sensazione di dolore.

In quella frattura che per qualcuno ha diviso per sempre (almeno per quella gara) il sogno dal suo raggiungimento..come una “voragine” inattesa che ha sbarrato la strada…c’è tutta l’amarezza che solo chi fa questo “danniatissimo e sporchissimo” sport può capire.

E’ come se, nel legere quei resoconti di “resa-per-qualsiasi-motivo” ci sia, di nuovo, una voragine interiore. Come una sensazione di “mancanza” ma questa volta ha a che fare con i “conti” con il passato più recente.

Con tutto cio’ a cui hai rinunciato e hai chiesto di rinunciare agli affetti (per starti vicino fino a quel traguardo…mai raggiunto, ormai); con tutto ciò che hai fatto mancare, anche a te stesso; con tutto cio’ a cui hai dovuto (e certamente voluto) fare a meno

Per quel “pallone” sotto il quale l’unica cosa che avresti voluto era…passarci sotto.

“Il tempo tolto alla moglie, alla compagna, ai figli; i soldi buttati nel cesso; il tempo tolto agli affetti; quello sradicato alle notti “perché dovevo (volevo) allenarmi”; le fughe dai cinghiali; la fatica mortale di certi allenamenti lunghi, lunghissimi…infiniti. 

Per cosa, poi?

Incidenti di percorso, imprevisti, malessere e malesseri, sorrisi che si sono spenti strada facendo, tramontando troppo presto dietro splendide montagne.

Non doveva andare così…” sembra essere il mantra che leggi ripetersi in tante storie di “resa” e che sembra contenere tutti i sensi di colpa del mondo.

“Per aver tolto, per aver non dato…per…”

Per quel cazzo di sogno!

Cosa resta?

E allora mentre leggi…ti chiedi cosa resti, in realtà, di tutto questo. Oltre all’amarezza di quel momento.

Te lo chiedi, ancora. Di nuovo.

Cosa riuscirai a portare…OLTRE.

E allora ri auguri che il tempo trasformi tutto per davvero. Restituendoti la bellezza di un viaggio che col passare del tempo apparirà più nitido nel suo splendore

Viaggi fatti certamente di sacrifici immani, di sudore a fiotti, di una fatica indicibile ma anche di amicizia, di una forza di volontà che non avresti mai scoperto, di lati di te del tutto nuovi, della meraviglia della passione che come poche altre cose…sa davvero…farsi sogno.

E in quell’inseguirlo…c’è un mondo di te…e delle persone che ti sono state accanto, che ti hanno sostenuto, sopportato e supportato, che racconta l’altra faccia dell’amore su cui non avresti magari mai scommesso…perché semplicemente non potevi saperlo.

Il valore del viaggio, ecco. Di mesi che, come ho letto da qualche parte, non saranno poche ore che sono mancate…a rovinarlo. A togliergli importanza…e valore. Anzi. 

Anzi forse è proprio grazie a quella “voragine” che tutto ha assunto il valore che altrimenti…chissà. 

A volte penso che il successo renda tutto prevedibile, scontato; una sorta di “atto dovuto” perché ti sei allenato tanto, ti sei allenato forte, hai avuto il coraggio di provarci e di esserci…e invece.

Invece chissà che non sia proprio davvero questo il significato più profondo e la parte più bella ed entusiasmante di questo sport così straordinario, una sorta di “sporco lavoro che qualcuno voleva pur fare“: che nulla è mai scontato. Così, come nella vita, in fondo.

E che da tutto questo si ha la possibilità di “riconoscersi” persone migliori.

Il miglior riconoscimento per la fatica fatta non è ciò che se ne ricava, ma ciò che si diventa grazie ad essa” (Alex Zanardi). Ecco…così.

 

Quelli che…hanno fatto l’impresa.

Qualcuno -amici, amiche, compagni di squadra, conoscenti e ammirati- ce la fa.

Arriva alla fine: le braccia al cielo. Le foto di certi istanti…ci mettono un istante ad arrivare sui gruppi e sui social. Quel tempo che non contiene fratture, invece, sembra una sorta di “ritorno al futuro”; in un istante anche qui c’è tutto…ma con le braccia alzate della foto finale.

Sono quelli che hanno vinto; quelli che ce l’hanno fatta, contro tutti, contro tutto e magari anche contro il “se stesso” debole di chissà quanti momenti durante quella gara e quel percorso che li ha portati fino a lì; quelli che magari anche la sfortuna ha provato ad azzannarli una o più volte (magari mai, ma chissà) ma che hanno saputo o trovato il modo di divincolarsi da quel morso, spezzandone le ambizioni di annientamento.

Sono quelli che hanno fatto l’impresa. La loro impresa personale; spesso, chissà, addirittura “della vita”.

La soddisfazione è immensa…e traspare da tutti i pori, anzi…da tutti i pixel.

Sembra comunicare e legarsi a doppio filo agli altri, a quelli di cui sopra e che invece, hanno dovuto ad un certo punto “mollare”, tirare i remi in barca…ciascuno dopo il suo piccolo grande dramma personale. Sembra parlargli…

Sono istantanee bellissime…che sembrano voler dire a chi non ce l’ha fatta…

…riprovaci.

Vincenzo Iannotta

Team Run For Wellness

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