La gara che completa la STORIA. #laprimamaratona

Tutto quello di cui hai bisogno è credere in te stesso e mettere un piede davanti all’altro
(Kathrine Virginia Switzer)

C’è un numero, c’è una data, c’è un evento.
C’è una persona.
C’è un momento.
C’è tutto, per fare la storia.

Anche se, in quella data, a quell’evento, con quel numero, quella persona non lo sa che sta facendo la storia.
Quella persona ha solo voglia di fare quello che ha nel cuore.

Ha solo voglia di fare quello per cui si è allenata.
Lo ha fatto insieme ai suoi compagni di allenamento. 

Uomini.

Sa di esserne capace.
Ma tutti pensano che no, una donna non può essere capace di farlo.
Di…correre…per…42195m.

 

Dove, come e quando…

Siamo a Boston.

La data è 19 Aprile 1967.

“Lui” è KV Switzer, all’iscrizione. Così si firma. E nessuno si accorge che “lui”, non è “lui”.

Il suo numero: 261.
Ai nastri di partenza KV Switzer indossa una felpa con un cappuccio per nascondere i suoi capelli lunghi. Chi le è accanto si accorge…e sorride. In fondo…”perché no”? Magari avrà pensato così che le era accanto in quel momento.
Perché una donna no? In fondo…la strada è di tutti, no? Magari avrà pensato anche questo chi le era accanto.
Lo sparo…si comincia a correre…il movimento naturale della corsa, il vento…il cappuccio che si sfila…i capelli che si liberano.

Lei è Kathrine Virginia Switzer ed è una donna.

 

Il “Cattivo”

C’è un’immagine. Un uomo che la strattona, che prova a tirarla via da qualcosa a cui lei non aveva diritto a partecipare. Da una strada che è per tutti…ma non per le donne.

Quell’uomo si chiama Jock Semple e, con lei, entrerà nella storia, nella parte del cattivo.

Jock è ricacciato via dai due uomini che corrono con Kathy e lei continua a correre.

Continua e continua…adesso…da donna.
In 4h:20 minuti arriva al traguardo della Maratona di Boston.

E’ la prima donna, ufficialmente iscritta, a varcare il traguardo di una maratona. (Perché c’è anche un’altra verità: che solo l’anno prima, nel 1966 sempre a Boston, già Bobbi Gibb, indossando i panni del fratello e partendo nascosta da dietro un cespuglio, aveva corso quella Maratona. La “prima prima”, ma senza esservi iscritta).

Non era mai successo prima, ufficialmente.
E’ STORIA.

 

Il (piccolo) prezzo da pagare

Perché ogni storia bella non potrebbe mai essere gratuita.
Fino al 1967 non c’era alcun regolamento esplicito che vietasse alle donne di iscriversi ad una maratona: era “ovvio” che fosse cosi! Da quel momento e per pochi anni, quel divieto fu inserito nel regolamento.
Solo nel 1972 il regolamento fu cambiato e la maratona di Boston fu aperta alle donne. L’anno prima, alle donne, fu aperta la Maratona di New York, che Kathy vinse nel 1974.

Nel 2017, 50 anni dopo, Kathy è tornata a Boston. Stesso pettorale:261. Per ricordare quel momento. Per ricordare i “diritti delle donne”.

Il numero 261, da qualche anno, non è più attribuito a nessuno: è diventato il numero simbolo dei diritti delle donne.

Jock Semple e Katherine Virginia Switzer adesso si stimano e sono in buoni rapporti: il tempo ha lasciato che entrambi sedimentassero e prendessero confidenza con le ragioni dell’altro.

Ma è anche vero che, le STORIE, quelle belle belle, spesso, hanno anche tanti…

“lieti fine”.

 

Cosa consiglia RFW

      • Ascoltare la puntata del podcst “Stripes” dedicata a Katherine clickando QUI

    Ho alzato la voce, non in modo da poter urlare, ma in modo da poter far sentire quelli senza voce… Non possiamo avere successo quando metà di noi rimane indietro.” (Malala Yousafzai)

    Vincenzo Iannotta

    Team Run For Wellness

    info@runforwellness.it