Frarassi Skyrace Experiences. Quel #maipiùgarecomequesta che si rinnova ogni anno

“Non è per te”.

Intendeva dire: “Non sei ancora pronto, Enzo”.

E, in realtà, Filippo, me lo disse proprio, con queste parole, senza mezzi termini.

Era la primavera del 2021 e un altro amico e compagno di squadra, Gioi, mi aveva appena raccontato della Frasassi Skyrace.

Ero rimasto a bocca aperta durante quel racconto durato pressoché tutta la…durata di una corsa insieme della domenica mattina.

Mi ero innamorato -senza averla nemmeno…toccata con la suola delle scapette- di questa gara…guardando e riguardando -anzi potrei dire SOGNANDO- attraverso questo video (cliccaci su!)

Quella salita infinita: “mortale”.

Quella discesa infinita: che ti devasta le gambe e anche tutto il resto.

Il giro intorno al Tempio (del Valadier), prima di salire di nuovo ma stavolta, verso…”qualcosa che non ti immagini”

Quello sperone di roccia sopra le Grotte (di Frasassi), con i volontari del soccorso alpino e speleologico a prendersi cura e mettere in sicurezza gli atleti che arrivavano su quel tratto “esposto” dove, quando ci arrivi, ti prende un senso di smarrimento e un’emozione indescrivibile”, con vista…sull'”incredibile”.

Quel buco nella roccia (“Foro degli Occhialoni“) dove “non puoi non affacciarti” perché sembra una finestra che la natura ha creato apposta per “ammirare l’infinito”; l’obiettivo di una macchina fotografica da cui scattare istantanee stupende di imprese della passione per questo sport.

Quell'”altra discesa”, ancora più ripida: attrazzata con funi (!!!), per non rotolare giù per (quasi) un kilometro.

L’arrivo al traguardo, posizionato appena oltrepassato il ponte che da sull’Abbazia di San Vittore di Genga e che ti offre l'”ultimo” scorcio di meraviglia prima di tornare a respirare e a sentre di nuovo il sangue scorrere nelle vene.

E l’animo riempirsi di soddisfazione per aver fatto qualcosa di “incredibile ” davvero. Perché non te lo puoi “nemmeno immaginare“.

Non ero pronto…no.

E, solo l’anno dopo, ho capito perché.

Cosa Filippo, che nel suo “istruirmi, prepararmi, trasmettermi l’amore per il Trail Running”, vestendo anche i panni da fratello maggiore, stesse cercando effettivamente di dirmi, provando a tutelarmi e scongiurando che potessi fare “scelte avventate”.

Alla partenza, nel settembre del 2022, Gioi mi fece sorridere, inviandomi tempestivamente una foto per “spiegarmi” a modo suo…dove di lì a (non tanto) poco…avrei dovuto provare ad arrivare.

Lassù…😱

Stavo per partire, insieme a Filippo (che, finalmente, qualche mese prima dell’anno dopo di quei “primi discorsi” di poco più su, mi aveva dato la sua “benedizione”) e Gabriele, per quella che non sapevo sarebbe stata la (mia) prima Frasassi di una serie che quest’anno, salvo imprevisti, mi vedrà alla terza partecipazione, dopo aver giurato, ogni anno, al traguardo “questa è l’ultima: mai più!“.

Nonostante una “fatica che non avevo mai provato”, nonostante una sofferenza che si prese in brevissimo tempo lo spazio di tutte le pieghe di me stesso fin dall’inizio di quella “mortal salita iniziale”, fu straordinario vivere -e da quel momento RI-VIVERE- lo spettacolo di qualcosa di UNICO…trovandomi dentro scenari di cui il racconto di Gioi, pur preciso e puntuale, non riusciva comunque ad offrire appieno.

Pensavo: “ci devi entrare dentro…gare come questa“. Proprio dentro. Perché…non si possono raccontare.

Ci impiegai un “tempo infinito” a terminarla: quasi 3h:10′, quell’anno.

Mai più“, mi dissi! Scoraggiato, in quel momento. Forse un pizzico deluso. Ma non dall’aver fatto qualcosa di non all’altezza delle mie aspettative, anzi: era stato addirittura TUTTO TROPPO BELLO PER ESSERE VERO. Ciò che avevo attraversato di quel percorso…e il modo in cui tutto di quella giornata mi aveva attraversato (tutto, tranne il crono, certamente, per quello che conta sempre, poi, in realtà)

Semplicemente ero io che non mi ero sentito all’altezza di una gara così.

Di una gara che si era rivelata, passo dopo passo, metro dopo metro di quel percorso, totalmente diversa rispetto a ciò che anche solo lontanamente mi fossi immaginato. O forse, banalmente, conoscessi.

La mia esperienza, ecco, non era all’altezza, così come la mia preparazione.

Non era all’altezza di una salita come quella che dal km 3 comincia ad “arrampicarsi” verso chissàddove. Ad un certo punto pensi che sia davvero una sorta di “scala verso il cielo”; benché il percorso di Frasassi non arrivi nemmeno a toccare i 1000m di altitudine s.l.m.

Si sale, si sale…si sale come non si è abituati a fare…(come sicuramente io non fossi abituato a fare perché, semplicemente, non l’avevo mai fatta una “salita così”)…si sale con una pendenza che divena sempre più cattiva a mano a mano che si cerca di “tornare a vedere la luce”. Ma quella luce, a me, si spense in mezzo a quella salita. E poi…arrancai fino al traguardo, a testa bassissima, in un su/giù da manicomio. Ero talmente provato che potetti solo “assaporare” il bello che quella gara mi aveva riservato ma che io, non avevo saputo cogliere appieno. Non quell’anno…nonostante ne avessi però avuto la percezione.

Se non ti godi il viaggio…non puoi non tornare. 

Alla fine, poi, quel “mai più una gara così” conteneva, come accade quasi sempre a noi “runners” il tradizionale “tornerò sicuramente“. Perchè si sa che funziona così…che siamo fatti così.

Tornai l’anno prossimo con una consapevolezza differente. E anche una preparazione diversa (ma comunque, mi resi conto dopo, ugualmente non adeguata).

Verso San Vittore di Genga, nel Settembre 2023, eravamo in 6: Alberto, Federica, Michele, Alessandra, Angela (e io); quattro “scemi” in una macchina e due in un’altra…

Amici alle loro “prime volte” in quell’esperienza. Amici ma soprattutto, alcuni di loro, grandi atleti!

Riflettevamo su quella che appare come una cosa secondaria ma per una gara come Frasassi non lo è affatto: cosa e quando mangiare, vista la consueta partenza alle 14:30? Caffè sì, caffè no? “Io prendo un tè, va”…

Qui, questa volta al mio ritorno, edizione 2023, quella salita che mi aveva letteralmente piegato, la feci straordinariamente bene.

Così come il falsopiano in discesa che ti da modo di riprendere fiato prima dell’altra salita che ti conduce poi alla sommità del percorso: la cima del Monte Valmontagnana, a poco meno di 10Km dalla partenza (e dall’arrivo).

Tutto bene fin lì.

Ma da lì, si scende a fionda lungo un paesaggio che cambia almeno 3 volte e che ti costringe a utilizzare tutta la tecnica di cui sei capace in discesa, mentre speri nella tenuta dei muscoli che sono davvero messi a durissima prova.

Ho provato a spingere accompagnato dall’erronea sensazione di sentirmi bene.

Erronea, già: ho avuto il “piacere” di scoprire in fondo a quella discesa “bestiale”, che “sfocia” nel torrente Sentino -e che sembra essere lì apposta per offrirti la frescura di cui hai bisogno dopo aver cotto per benino ogni muscolo di gambe e non solo- che ero (stra)cotto.

Totalmente.

Irrimediabilmente.

Arrivo al ristoro appena sopra il “guado” e appena sotto il magnifico Tempio del Valadier in esattamente 2 ore. Da lì, al traguardo, per fare gli ultimi (circa 5km) impiegherò 61 minuti!

Ma questa volta, arrivare allo sperone di roccia sopra il Foro degli Occhialoni mi ripaga di tutto. Ho desiderio e bisogno di portare a termine una gara che ancora una volta…sembra avermi “lasciato a piedi, senza benzina” ma lassù mi ci soffermo qualche istante. E’ tutto davvero troppo bello e a me, per lo meno, sembra di vivere un sogno mentre, “scortato” dai consigli delle guide alpine, cerco di ridiscendere verso il magnifico Foro, quel giorno pieno zeppo di turisti.

Attaccato alla corda mi butto giù, con calma, per l’ultima discesa…poi il pianoro verso il traguardo.

Penso che ancora una volta ha vinto lei, questa gara, la Frasassi Skyrace. Ha vinto questo percorso che nonostante questa volta conoscessi (abbastanza) bene…ha saputo fregarmi di nuovo.

Penso che le Sky siano…un’altra cosa. Che Frasassi sia una delle gare più “sottovalutabili” che ci siano…e per questo mentre ti ci trovi immerso dentro…scopri tutta la sua “bellissima cattiveria“.

Bellissima, perché lo scenario è straodinario.

Cattiva, perché nei numeri che hai davanti mentre con sufficienza ti iscrivi ad una gara così, pensando di andare a fare una normale gara di Trail Running con solo un po’ più di dislivello del solito, non riesci ad avere cognizione delle difficoltà che “in così poco spazio” ti troverai ad affrontare e poi…dover gestire.

“Non sei ancora pronto, Enzo…”

Penso che le Sky meritino capitoli a parte…esperienze a parte…preparazioni “a parte”.

Ancora qualche metro e sarò arrivato anche questa volta…

Il ponte, l’arco.

lo sguardo all’Abbazia e ancora dentro quel “wow!!!” dell’anno prima, nonostante tutto. L’arco marchiato SCOTT, il mio crono stampato sul tabellone elettronico e nella mia anima.

Sento la testa scuotere come chi non si capacita di aver “perso” un’altra volta mentre mi ripeto…

Mai più“…

Mi riascolto…riascolto quelle parole…quelle 6 lettere divise da uno spazio “MAI PIU'”; le ammiro, mentre, scrivendole, mi trovo a rileggerle. E penso a quanto contenuto abbiano.

A quanto, in realtà, sembrerebbero “togliere” a una gara come questa…mentre in realtà…la raccontano.

E’ come se si nutrissero di qualcos’altro…come questo percorso, bellissimo, sa fare, in realtà, con le anime di chi prova ad attraversarlo. lasciandosi…attraversare.

Cerco dentro me una sorta di “sinonimo”…anzi no…di “traduzione”, di “trasposizione”, ecco…di un’espressione in un’altra…

E mi sovviene, in mente, il signifcato dell’aggettivo AFFASCINANTE: “che attrae in modo irresistibile, che desta ammirazione ed illimitato consenso; incantevole, seducente”

Ecco…credo che Frasassi sia un po’ questo…un po’ così…

E che quel “mai più”…sfumi nel suo saper essere “incantevole, seducente, irresistibile.”

Ed è per questo che, nel 2024…sarò di nuovo qui…a sentirmi affermare, per l’ennesima volta…

“MAI PIU, QUI” 

(Wow…)

 

 

Vincenzo Iannotta

Team Run For Wellness

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