Fartlek. Quando #lacorsadiventagioco

Parliamo del Fartlek. In generale e nel suo contributo di wellness alla corsa.

Mentre cercavo di trovare le parole più adeguate per raccontare questa “storia” fatta di allenamenti, metodologie, corse, studi mi è venuto in mente che forse il modo più naturale per partire (anche nella corsa, certo!) è quello di raccontarvi l’invenzione del Fartlek.

In realtà, più che all’invenzione, pensavo al suo “reinventarsi”. Al suo…reinventarcelo. Ogni volta.

Quelli che…giocano al Fartlek

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Penso alle tante volte che siamo “usciti” senza sentirci troppo “in vena”, con quel passo un filo “stanco” che caratterizza certe sensazioni…per poi provare duante la seduta di corsa a metterci un po’ in moto, cambiando ritmo ogni tanto; penso alle volte in cui, il percorso -magari in natura: parco, sterrato, …- ci costringe a “spingere” in su le pulsazioni, modificando le sensazioni di corsa, semplicemente per cercare dimantenere lo stesso ritmo a cui siamo abituati o avremmo intenzione di procedere; penso alle uscite con gli amici e i compagni di squadra, in cui ogni tanto qualcuno accelera per “tirare” il gruppo, prima di rallentare perché tutti si ricompattino, in uno zig-zagare continuo tra il “più veloce/più lento“; penso alle giornate in cui ci sentiamo bene o particolarmente “in vena” e in cui infiliamo un po’ di goliardia o di brio nella corsa facendo un po’di “sgasate” fino al cartello laggù, per poi ricomporci, fino al successivo “traguardo intermedio”; penso alle corse in salita continua, lunga magari, in cui ogni tanto abbiamo provato ad allunare il passo per qualche metro o istante prima di tirare il fiato; penso alle volte in cui una canzone ci ha “modificato” i battiti (bpm) e ci ha spinti a cambiare il passo per restare allineati con le note…

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Quando penso all’invenzione del Fartlek, ecco…penso a quante volte, ciascuno di noi, più o meno inconsapevolmente, se lo sia personalmente inventato.

Reinventandolo, appunto, nelle nostre uscite di corsa.

E va benissimo che la storia di questo straordinarissimo metodo di allenamento appartenga a qualcuno di preciso, come un copyright giustissimo da accorare…perché in fondo c’è sempre un “primo”, nella storia, che ne codifica l’essenza, la trasmette e, da quel momento in poi, ne convoglia l’attenzione.

L’invenzione e lo studio del gioco

Perché mi piace immaginarla un po’ così l’idea di Gustaf Holmér della scuola svedese, di dare un nome ed una descrizione a qualcosa che, naturalmente, appartiene alla corsa di ciascuno.

Da lì, poi, il fartlek è entrato di prepotenza nelle tabelle di allenamenti. Ha convogliato l’attenzione che merita e l’interesse di tanti allenatori e fisiologi dello sport che hanno cercato di carpirne l’essenza e di comprenderne la reale efficacia in termini di stimolo allenante e dell’adattamento che ne deriva. Come se fosse facile, poi, essendo uno strumento che può assumere mille sfaccettature…e allora, per studiarlo, devi per forza “ricondurlo” dentro qualcosa che abbia una forma un po’ più definita: codificabile, appunto.

In una certa forma, o formulazione, per esempio, il farlek rientra nell’ambito degli allenamenti “intermittenti”. Ma è solo una delle tantissime formulazioni, per esempio. Che poi, in fondo, che importanza hanno?!

Nel tempo il Fartlek si è evoluto; a quello di pura “scuola svedese“, quello “originale”, dai tratti di recupero “lenti lenti” da consentirci di tornare pronti per la successiva fase veloce si è accostato quello di “scuola americana“, che prevede invece i tratti di recupero a “velocità più sostenuta” tali da non consentire di tornare alla sensazione di partenza iniziale/base.

Ma soprattutto, il “secondo”, si è assunto l’onere di “ritmarlo” più precisamente; definendone la struttura, proprio alla stregua di un allenamento in cui siano dettati tempi e modi, benché almeno con riferimento a questi ultimi si sia lasciato comunque alla “sensazione” (e non a metriche precise come ritmo al km, pulsazioni, livelli di potenza, ecc…). Insomma, la scuola americana ha cercato di “lavorare su una regolamentazione del livello di “anarchia” naturalmente insito nel Fartlek, per poterlo in qualche modo utilizzare e renderlo parte integrante dei programmi di allenamento moderni.

Un gioco pieno di…motivazioni

Ma perché utilizzare il Fartlek al posto di altri “metodi allenanti”?

Beh, per tanti motivi. Anzi tantissimi.

Intanto perché il Fartlek nasce come “gioco” e il nome datogli da Holmér significa proprio questo: “gioco di velocità”. E, come tutti i giochi è divertente. Faticoso, certo, altrimenti non sarebbe un allenamento…ma divertente, anche.

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E gioco significa anche “meno stress“, il che non è affatto poco, quando si tratta di correre per inseguire obiettivi e sogni che richiedono…sudore (anche tanto!)

Il fartlek nasce per essere fatto in natura (soprattutto, ma ovviamente non solo) cosa che rende, a mio avviso, il combinato perfetto di corsa&wellness: Il fartlek con il suo contributo di “gioco”, appunto, con la sua corsa “a sensazione”, con il suo stimolo all’adattamento indotto dallo scenario multiforme offerto dalla natura (andando dunque anche a lavorare naturalmente sulla forza specifica e sulla prorpiocezione, e dunque su una varietà di qualità neuromuscolari); quest’ultima, con il suo regalo di benessere di cui non ci rendiamo spesso conto, attraverso i benefici indotti da un contesto vario (sia come scenario “intorno” che come palestra per i nostri piedi/mauscoli), dall’aria diversa e migliore (respirazione), dall’incidenza sull’umore (e contro la tendenza alla depressione).

Il Fartlek può essere concepito in tantissimo modi, lasciando all’atleta o all’allenatorie, la possibilità di dargli la forma più efficace a seconda del periodo della stagione, degli obiettivi da raggiungere e del focus sugli stimoli specifici.

Idee allenanti

Personalmente, il fartlek lo proporrei così, come idea di “successione” all’interno di un programma di allenamento.

Alla fine del “periodo introduttivo“, stimolerei un po’ la velocità (smuovendo un po’ le gambe dopo tanta corsa lenta) con qualche seduta di “farlek a sensazione“, con la parte “attiva” di 20’/30′: con parti veloci di 20″/30″ e lente di 1′-1’30”.

Nel “periodo generale” si lavora (anche) sulla “forza” e il “Farlek in salita” o quello “ondulato” potrebbe costituire un ottimo stimolo allenante: il primo (parte attiva di 30′ circa) prevede l’alternanza su una salita continua di 30 secondi brillanti e 30 secondi cosrsi al nostro ritmo; il secondo, nella “varianteXsalite”, richiede di “spingere” in salita, a livello di sensazioni, con “recupero” nei tratti in pianura/discesa (effetto che di fatto si ottiene cercando di mantenere lo stesso ritmo per tutto il percorso, qualunque sia il il dislivello dle momento); in quella “per discese” la sensazione di stare spingendo deve riguardare, appunto, i tratti in discesa

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Sempre in questa prima fase, il Farlek potrebbe aiutarci a lavorare sulla resistenza aerobica e sulla costruzione del nostro “motore”, e il cosiddetto “Fartlek Breve” farebbe al caso nostro: con una parte attiva di 20/30′ si può pensare a variazioni veloci di 20″-30″-40″ e lente pari al doppio.

Nel “periodo speciale/specifico“, il primo trasfer potrebbe esserci offerto dall’allungamento delle parti veloci con l’introduzione del “Fartlek Medio“: per esempio con variazioni da 1, 2 o 3 minuti (e recupero identico)…per 30-40′ di lavoro attivo complessivo.

Una tipologia perticolarmente “carina” è quello chiamato “Fartlek sausage” che rientra un po’ nell’ambito dei “piramidali”: allenamento impegnativo ma bello, non noioso ededificante a mio avviso. Prevede una sequenza così strutturata: 30″ + 1′:30″ + 2’30” + 5′ + 2′:30″ + 1′:30″+ 30″ da correre “velocemente”, con recupero parialla metà di ogni tratto veloce.

Una flessibilità…massima!

Il Fartlek poi, si adatta benissimo alla tipologia di gara per la quale ci stiamo allenando e nel periodo specifico ci si può sbizzarrire in mille modi, lavorando in particolar modo sul ritmo da tenere nelle fasi di recupero…e allungando la “parte veloce” in proporzione alla lunghezza della gara-obiettivo stessa.

Un esempio tipico per la maratona potrebbe essere il seguente: 3×12′ al ritmo che terresti per una gara di mezza maratona e recupero di 3′ a ritmo maratona. Opure, più dolcemente” 3×10/12′ al ritmo che pensi di tenere in maratona, con recupero di 2′ di corsa blanda tra di esse.

Un altro esempio -sempre per la preparazione della maratona– potrebbe essere quello di dividere la parte attiva in 3 blocchi così come seguono. 1) 8x(2′ ritmo maratona – 1′ veloce); recupero 5′; 2) 12x(1′ ritmo maratona – 1′ veloce); recupero 5′; 3) 8x(1′ ritmo maratona – 2′ veloci). Allenamento sicuramente molto impegnativo ma estremamente divertente.

Quello che conta nel Fartlek è di farsi guidare dalle sensazioni; quano si parla di “ritmi” non si da una indicazione specifica ma si lascia all’atleta (o a se stessi) la possibilità di decifrare quel ritmo a seconda del momento alla stregua di “questo è il ritmo che sento di poter tenere per…42,195m” oppure “…il ritmo che potrei tenere per una 60ina di minuti.

Ma il farlek, al di là del divertimento, dei benefici summenzionati (che, comunque, scusate se è poco!), come fa ad essere allenante alla stregua di altre metodologia di allenamento ben più diffuse, strutturate, definite, precise? (vedi le classiche “ripetute”)

Chi vince?

Beh…intanto alcuni studi condotti sui ciclisti (certo, il transfer sui runner non è stato accertato) da parte di Ronnestad et al 2020 e Almquist et al 2020 hanno evidenziato come l’allenamento intermittente in generale produca effetti sulla potenza aerobica decisamente superiori a quello offerto dalle ripetute classiche e poi, secondo uno studio di Ekkekakis et al 2012: “quando l’intensità è auto-regolata, piuttosto che imposta, sembra favorire una maggiore tolleranza a livelli di intensità più elevati”, confermando che il tipo di gestione dello sforzo indotto dal fartlek si è rivelato, negli anni, più efficace di tantissimi altri metodi! (NB i link alle ricerche e i riferimenti li ho attinti dal pregiatissimo articolo dedicato al fartlek scritto da Luca Melli su mitermanager.it)

In questo racconto sono cosciente di aver “semplificato” molto per rendere tutto, come sempre, un po’ più vicino a noi.

E’, in realtà, materia complicata, il Fartlek. Ma in quel “naturalmente complicato”, contiene, in sé, la vera essenza della corsa; meno stress, più divertimento; meno schemi rigidi, più “sensazioni”. Contiene: GIOCO.

Ed è per questo che il primo “articolo” sui metodi allenanti da parte di Run For Wellness ho deciso di dedicarlo al Fartlek. E’ per questo che nei programmi di allenamento RFW il Fartlek è rappresenta l’allenamento più bello, più diffuso; quello in cui crediamo di più…quello con cui ci divertiamo D+!

 

Vincenzo Iannotta

 

Team Run For Wellness

info@runforwellness.it